Verso il Capo Horn…dei Caraibi!
Abbiamo trascorso la giornata di ieri a bordo a fare qualche lavoretto per prepararci ad affrontare il tratto più duro della nostra navigazione fino a Cartagena: il Capo delle Cinque Baie!
Un gioco di correnti unito alla tipica accelerazione del vento attorno ai capi, il fondale che risale bruscamente da 2000 metri fino a 300, il tutto amplificato dalla vicinanza della Cordigliera delle Ande, crea un cocktail deflagrante che vale a questa zona la reputazione di essere uno cinque passaggi più difficili al mondo.
120 miglia ci separano dalle Cinque Baie. Partiamo verso le 11 del mattino con un bel vento da est 20 nodi e cielo terso. La costa colombiana scorre veloce sulla nostra sinistra ma la nostra rotta diretta sul capo ci porta rapidamente fuori vista. Siamo in poppa piena. Ormai ci abbiamo preso l’abitudine e devo dire che con il nuovo tangoncino gestiamo la manovra in tutta serenità.
Le previsioni danno, come al solito in questa zona, una bolla di accelerazione di vento e mare e ben presto ci troviamo nel mezzo di onde frangenti con 30 nodi stabili.
Quando l’onda colpisce la poppa di Aquarius precisamente a 180°, la barca si solleva dolcemente per poi ridiscendere nel cavo dando solo una leggera accelerazione al passaggio sulla cresta. Qualche onda ci prende più al giardinetto facendo inclinare la barca e spingendola all’orza. A questo punto l’accelerazione risulta più potente ed inizia una planata in cui l’onda e la pala del timone fanno braccio di ferro e dove l’assetto delle vele determina la capacità di evitare una straorzata.
E’ una meraviglia vedere tutti questi elementi suonare la stessa melodia silenziosa in perfetta sincronia sotto l’attenta direzione del pilota automatico.Navighiamo ormai da un paio d’ore ad una media di 9 nodi. La canna da pesca è a riposo! Un grosso pesce a questa velocità strapperebbe tutto. Abbiamo le due rande con una mano bordate una a dritta e l’altra a sinistra ed il genova tangonato a sinistra. La nostra velocità di reazione in questa andatura è di almeno un paio di minuti quindi niente pesci.
Verso sera passiamo al largo di Riohacha dove le carte riportano la presenza di una piattaforma petrolifera. La nostra rotta passa un paio di miglia a nord e dovremmo essere tranquilli.
A un certo punto vediamo la piattaforma dritta di prua. Non dovrebbe essere là! Guardiamo col binocolo e scopriamo due piattaforme, quindi una non segnalata.
E’ parecchio scomodo. Dobbiamo accostare di una decina di gradi per allontanarci e dovremmo strambare di randa per metterci al gran lasco. Decidiamo di metterci al limite di sgonfiamento della randa per manovrare in fretta. Tutto procede bene finchè un’onda più grande delle altre ci colpisce spingendo la poppa verso sinistra. La randa di trinchetto si mette a collo per un istante poi parte a tutta velocità verso l’altro bordo. UUUrrrrcaaa!! Che botta!
Si è spaccato il bozzello della ritenuta del boma, ma sembra essere l’unico danno. Passiamo la piattaforma al tramonto e ne vediamo tutte le luci accendersi via via. E’ incredibile pensare che un centinaio di persone vivano e lavorino qui, in mezzo al mare. Ora molti staranno guardando questa barca a vela che fila verso il sole.
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