Mentre ci avviciniamo alla spiaggia ci accorgiamo che tutte quelle capanne sono in realtà dei ripari dal sole e dal vento…una sorta di ombrelloni sulla spiaggia.
Arriviamo a terra accolti da una manciata di ragazzini. Il più grande ci fa un sacco di domande sulla navigazione, sull’oceano, sulla barca. Poi si offre di sorvegliarci il gommone??!! Si ma sorvegliarlo da chi? Ci dice che il posto è tranquillo e che nessuno ruba niente…ma allora perché sorvegliare?
Sono giusto degli interrogativi, ma siamo ben lieti di affidargli l’incarico.
Ci addentriamo nel villaggio quasi deserto e via via che camminiamo vediamo aprirsi porte e finestre, le persone escono e cordialmente ci salutano.
Il villaggio è composto da una strada in terra delimitata sul lato interno da tante casette, quasi tutte in legno e solo tre o quattro in mattoni. Molte hanno una terrazza ed ognuno a suo modo si è inventato un’attività, barettino, ristorante, friggitoria, alimentari, ci sono anche tre farmacie…tutte chiuse a tempo indeterminato. Notiamo comunque una grande attenzione nel rendere graziose le modeste costruzioni, tutto il villaggio è pulito è c’è perfino un abbozzo di raccolta differenziata.
Sul lato a mare ci sono quelle capanne che vedevamo ieri mentre ci avvicinavamo. Sono centinaia e vengono affittate ai turisti nel periodo natalizio. Sono fatte di strisce di cuore di cactus legate tra loro con della corda estratta dai pneumatici e ci dicono che sono resistentissime.
Un gruppo di donne indie Wayùu che abitano la regione tesse borse e cappelli colorati. Proviamo a scambiarci due parole ma sembra che lo spagnolo non sia proprio la loro lingua e ci limitiamo ad una basica chiacchierata.
Sembra una di quelle scene polverose dei villaggi di cercatori d’oro. Un pullman nuovissimo attraversa il villaggio senza fermarsi.
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