martedì, febbraio 16, 2010

Bambi, Bambi, qui Ciccio Pasticcio. Cammo bulu.

Dieci giorni sono trascorsi in un soffio tra belle veleggiate e grandiose mangiate di pesce ed aragoste.


La buona compagnia ci ha fatto trascorrere momenti preziosi in armonia ed i ragazzi sono subito entrati in sintonia con la vita in Ecocrociera.

Molti i momenti da ricordare, ma posso affermare che Dario resterà a lungo nei ricordi di Pablo grazie alle sue storie dei camionisti Bambi e Ciccio Pasticcio.

Le avventure dei due camionisti (Bambi é il soprannome che si é dato Pablo) hanno fatto sognare e viaggiare per mezzo mondo il nostro piccolo ed io mi trovero’ con un arduo compito nel sostituire Dario nel suo ruolo di conta storie.

Ci provero’ e vi sapro’ dire

Grazie ragazzi, alla prossima!





venerdì, febbraio 05, 2010

Ma non dovevate arrivare domani??

Domani avremmo dovuto imbarcare Dario e Lucia per una crociera di dieci giorni. La barca é pronta e questa mattina ci siamo messi in mare di buon ora per raggiungere Narganà per completare le provviste.

Il vento é buono e viaggiamo tranquilli quando squilla il telefono.

“Ciao sono Dario, siamo arrivati!”

Ma non dovevate arrivare domani??

“Ehhh, mi sono sbagliato ma non importa, prenderemo un albergo”

Perdindirindina! Ma quale albergo? Non siamo mica a Panama City!

Aspettateci, siamo in navigazione. Acceleriamo e veniamo a prendervi!

Qualche minuto ed Aquarius spiega tutte le sue vele e si fionda a tutta velocità verso Narganà, che dista circa trenta miglia.

Navighiamo velocissimi spinti da un bel vento di bolina larga e poco dopo mezzogiorno diamo fondo nella baia.

Io mi precipito giù con il gommone ed all’arrivo trovo il sorriso di Dario che con il suo accento veneto mi dice di essersi sbagliato e che in effetti aveva il volo prenotato per l’indomani ma che essendo arrivato all’aeroporto questa mattina alle sei aveva chiesto di poter partire comunque...ed eccoli qua!

Poco male. Ce l’abbiamo fatta! Pranziamo tutti al Nali’s bar con un bel pollo grigliato con patatine fritte...e la crociera comincia!











giovedì, febbraio 04, 2010

Giro sul fiume

Il cayucco si avvicina. Nicolas e suo padre con Pascale e Francoise sono già a bordo.

Saliamo guardinghi su questa canoa scavata a mano in un unico tronco d’albero, la cui stabilità sembra pari a quella di una bottiglia.

Si tratta di un’imbarcazione lunga circa sei metri con un motore fuoribordo da 15 cavalli. Il capitano tenta di rassicurarci dicendo che il fondo é più spesso e quindi garantisce l’assetto ma il dubbio resta.

Imbarchiamo Daniel e Biserka con il figlioletto Alan e ci dirigiamo verso il lato opposto della baia. Come al solito dirigeremo verso un punto non meglio identificato lungo la riva uniformemente ricoperta di mangrovia.

Avvicinandoci percepiamo l’imboccatura del fiume, che doveva essere il Rio Mandinga, ma che a causa della scarsità d’acqua é stato tralasciato a favore di quest’altro di cui non ricordo il nome.

Una volta entrati, Bredio ed il capitano sollevano il motore e procedono a remi e con il bastone, tecnica decisamente efficace sui bassi fondali.

Aironi bianchi e cenerini sono posati sulle sponde e spesso sentiamo il canto stridulo dei pappagalli.

Ma il nostro obbiettivo sono i coccodrilli.

Sono animali schivi e guardinghi e per vederli dobbiamo cercare di arrivare vicino alle spianate di terra e sabbia senza fare il minimo rumore.

Vediamo diverse tracce ma nulla di più.

Armato della mia D2 scruto con lo zoom come se fosse un cannocchiale quando...Eccolo!

Un bestione fermo sulla sponda non si accorge del nostro arrivo.

Continuo a scattare mentre ci avviciniamo ma anche solo il rumore della macchina fotografica sembra un frastuono nel silenzio della foresta.

Dopo poco ci sente e scivola delicatamente nell’acqua fangosa.

Si trattiene per un po’ in superficie e possiamo ammirare la perfezione del suo adattamento all’ambiente fluviale. Si muove agilmente ed in modo praticamente invisibile. Le uniche parti che sporgono dalla superficie dell’acqua sono le narici e gli occhi.

Una vera macchina da caccia!

Ne vedremo tre in tutto il tragitto fino alla spiaggia di sabbia dove ci siamo fermati per uno spuntino. Nulla sulla via del ritorno lungo la quale abbiamo incrociato diversi cayucchi a motore che risalivano verso il villaggio che si trova qualche miglio più nell’entroterra.














mercoledì, febbraio 03, 2010

Cimitero Kuna

A poche decine di metri dall’ancoraggio vi é un fiume praticabile con i gommoni e non ci facciamo sfuggire l’occasione.

Prendiamo il nostro gommone e quello di Badinguet, carichiamo a bordo gli amici e le macchine fotografiche e via!

Risaliamo lentamente il corso d’acqua che si é scavato il cammino all’interno di una fitta vegetazione. L’acqua é torbida ed il fondale é spesso ostruito da tronchi e radici e conviene tenere il motore sbloccato ed in posizione rialzata.

Incrociamo diversi cayucchi carichi di ogni sorta di contenitore pieno d’acqua. Questa é un’attività fondamentale che motiva la posizione di ogni isola-villaggio sempre vicino al suo fiume, inesauribile riserva di acqua dolce.

Dalla sponda destra dei bambini ci salutano a grandi gesti. Due adulti si avvicinano alla riva e ci invitano a fermarci. Siamo curiosi!

Ormeggiamo i gommoni alle piante lungo la sponda e ci arrampichiamo lungo la ripida parete. Una volta in cima ci troviamo davanti uno spettacolo incredibile: sulla cima di una collinetta con vista sul fiume e sulle vallate circostanti vi é un cimitero Kuna.

Una decina di donne con altrettanti bambini e qualche ragazzo ci accolgono con cortesia ed un uomo, un agricoltore, si offre di raccontarci di cosa si tratta.

Siamo increduli!

Le tombe sono identificate da un rialzo della terra sul quale sono posti gli oggetti d’uso quotidiano del defunto: il suo piatto, la sua tazza, qualche oggetto...

Alcune sono riparate da un tetto, forse di famiglie di maggiori disponibilità, altre sono semplicemente in un angolino, magari all’ombra di un albero.

E’ importante che non gli manchi nulla per il viaggio e che i suoi oggetti gli restino vicini.

Le tombe dei bambini sono una stretta al cuore. Piccoli cumuli di terra con sopra un giochino e poco più.

Ci sembra di invadere uno spazio di intimità e cerchiamo di studiare gli sguardi di chi ci osserva, ma non sentiamo alcuna ostilità, anzi!

Facciamo appena in tempo a finire il nostro giro che le donne si avvicinano chiedendoci se possiamo riprenderle in foto.

Ci troviamo allora immersi in un’eccitazione generale, chi si sistema il velo sui capelli, chi si spolvera il vestito. I bambini poi sembrano dei modelli nati.

Il cimitero diventa, o forse lo é sempre stato, un luogo di vita. Un posto dove le persone si ritrovano per chiaccherare, per trascorrere del tempo coi loro defunti come se fossero ancora li’. Respiriamo un’aria di grande semplicità e naturalezza. Qualcosa che fa parte della vita e della natura e che viene vissuta come una naturale sequenza degli eventi.

Una cosa di cui siamo cosapevoli, ma di cui fuggiamo anche solo il pensiero nella nostra cultura.



martedì, febbraio 02, 2010

Islas Robeson

Le ultime settimane sono state il nostro regalo per celebrare il viaggio a San Blas e cosi’, tra battute di pesca, esplorazioni e cene con gli amici, ci siamo trovati a raggiungere l’estremo ovest dell’arcipelago: le isole Robeson.

Questi sono davvero villaggi tradizionali, senza luce né acqua, dove solo poche barche osano spingersi.

Abbiamo già un amico da queste parti che, del resto, non tarda a farci visita.

Justino é un Kuna che abbiamo ingaggiato per un paio di giorni a fare lavoretti a bordo con cui si è creato un bel rapporto.

Sul posto facciamo la conoscenza di Bredio con il quale organizziamo un giro sul fiume in cayucco a motore. Bredio ha voluto a tutti i costi far conoscere Pablo a suo figlio, sigillando questa fratellanza con il dono di una piccola pagaia intagliata nel legno.
Siamo commossi e terremo caro questo regalo che viene dalla voglia di conoscersi e di sentirsi vicini ed uguali. Gracias Bredio!